Finalmente giungiamo al pezzo forte della nostre passeggiate vesuviane, l’emblema del Parco Nazionale, il sentiero n°5 ovvero il Gran Cono del Vesuvio.
Con i suoi scarsi 4 km non è il più lungo e impegnativo dei sentieri ma ha tutto il fascino che un vulcano può offrire. Gioia per gli esperti vulcanologi e fonte di grande interesse per i curiosi d’ogni età e nazionalità. Vale la pena quindi affrontarne la lieve salita che dopo quattro tornanti sale dritto al bordo del famosissimo cratere.
Al sentiero si giunge generalmente attraverso la Strada Provinciale del Vesuvio, un lungo nastro d’asfalto che, da quota 800 in poi (dal bivio delle baracche forestali), diviene strada comunale. La Provinciale la si imbocca salendo da Torre del Greco o da Ercolano, all’altezza della cosiddetta “Siesta” (355 m.slm.) e conduce al Piazzale di Quota 1000, presso il rifugio Imbò. Il percorso, per quanto panoramico e intensamente frequentato dai turisti, è sporco e malridotto e non di rado si intravedono piccole e grandi discariche.
La Provinciale sale con curve e tornanti, dapprima svalicando i Canteroni, presso il Colle del Salvatore (Contrada Osservatorio) per poi attraversare la Valle dell’Inferno incoronata dalle creste dei Cognoli. Salendo non svoltate mai sulla destra, esistono infatti due deviazioni, la prima a quota 500, porta presso la sede storica dell’Osservatorio Vesuviano; la seconda deviazione, a quota 831, dopo aver superato il duomo lavico di Colle Umberto, porta invece là dove in passato c’era la stazione inferiore della Funicolare e quella della seggiovia. A questo bivio, oltre il quale non sarebbe previsto il parcheggio, sarete fermati, a seconda dei casi e della sorte, o dagli addetti del comune di Ercolano o da qualcuno che, abusivamente, vi inviterà a lasciare l’auto e prendere la navetta, o proseguire a piedi (prezzo parcheggio: €5 da prenotare on-line, biglietto A/R navetta per Quota 1000: €2). La strada termina, come s’è detto nello spiazzo di Quota 1000 dove, una recente e discutibile riorganizzazione, ha precluso lo spazio una volta accessibile a chiunque volesse godere esclusivamente dello splendido panorama sul Golfo di Napoli.
Ma, tornando al sentiero, il suo tratto turistico sale da Quota 1000, con un dislivello di 175 m, fino al bordo del cratere, ma non al suo punto più alto di 1.281m. che può essere raggiunto solo con particolari permessi, gli stessi necessari per scendere o salire il versante sudorientale della vetta nel comune di Ottaviano, fino a incrociare i sentieri n°1 e n°6. Il primo sentiero, una volta congiunto col prolungamento del n°5, segue la base del Cono fino al rifugio Imbò (dal cognome del direttore dell’OV durante l’eruzione del 1944 e adibito, tra un atto vandalico e l’altro, prima a luogo di promozione delle eccellenze locali, poi a biglietteria, ed ora a precario punto di accesso wi-fi). Nei pressi dell’edificio c’è un cancello di legno (quasi sempre aperto) che immette sulla strada asfaltata dell’ex SP del Vesuvio; il secondo sentiero era invece accessibile solo con autorizzazione dei Carabinieri Forestali o attraverso la linea della “Busvia” del Vesuvio che percorreva la Strada Matrone prima del disastro del 2017. Ad oggi vi è interdetto ogni tipo di transito per gli eterni lavori di ristrutturazione post-incendio.
Tornando al nostro percorso, per accedere al quale bisognerà pagare un biglietto (intero: 11,68€; ridotto: 9,55€), nella sola andata, avrà la lunghezza di circa un chilometro e ottocento metri, questo costeggerà buona parte del ciglio del cratere con la possibilità d’affacciarsi nella bocca assopita del Vulcano (il fondo è a 951 m.slm. con un diametro di circa 650 metri, una circonferenza di circa 1800 m. e una profondità di 330 metri rispetto a margine del cratere.) e, soprattutto col contrasto termico, osservarne le fumarole; si potrà inoltre scorgere, guardando verso Nord, il profilo d’indiano di Punta Nasone e la caldera dei Cognoli. Il panorama sul golfo di Napoli è, con l’aria tersa, garantito nella sua bellezza e, con un po’ d’attenzione, a fine percorso, si potranno intravedere anche gli scavi dell’antica Pompei o addirittura le isole pontine.
La stradello, non sempre agevole, pretende, anche in questo caso, un minimo d’attenzione e soprattutto l’uso di scarpe adatte all’occasione (raccomandazione mai fin troppo attesa, e si sa, alla moda non si comanda, e tacchi a spillo e infradito spopolano ancora sul cratere). Un ulteriore consiglio consiste nel non sottovalutare il tempo atmosferico; a mille metri d’altezza, anche d’estate, l’aria è fresca e in primavera non è detto che non faccia addirittura freddo. In cima sarà possibile ristorarsi e, se proprio non se ne può fare a meno, soffermarsi a dare un’occhiata all’onnipresente chincaglieria turistica. Occhio! Su questo sentiero non ci sono bagni.
Dopo la seconda delle tre costruzioni presenti in vetta si possono notare, sulla destra, delle strutture in cemento armato che, in maniera discontinua scendono a valle. Queste, collegate tra loro con cavi d’acciaio, scendono fino ai 754 m, ricalcando il percorso della vecchia seggiovia e dell’antica funicolare. Contrariamente a quanto spesso s’è letto e si pensa ancora, non corrispondono ai resti di “Funiculì Funiculà”, la storica funicolare distrutta definitivamente dall’eruzione del 1944, ma a un progetto simile, previsto per i mondiali di Italia “90 e mai portato a termine per scontri di competenze, veti politici e un malinteso concetto di ambientalismo. L’ultimo edificio che incontreremo, la Capannuccia (quota 1.170), è sede di una parte del presidio permanente delle guide vulcanologiche e segna la fine del sentiero turistico o, col permesso in tasca, passaggio intermedio per chiudere l’anello del sentiero n°5 dal versante di Ottaviano. La maggior parte degli escursionisti si ferma qui e torna indietro verso il parcheggio e al termine di questa quinta passeggiata vesuviana.